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giovedì 31 marzo 2016

Fuori Settore - Aguzza la vista

La piazza di Occhiobello
Cinque giorni fa è stato pubblicato il promo per il Golden Gala del prossimo 2 giugno.
Vi proponiamo un classico della Settimana Enigmistica. Trovate le piccolissime differenze fra i due filmati. Avete tempo fino alle ore 13.00 di domani.








Promo 2015


Promo 2016



Al primo risolutore il premio "Hawkeye 2016" che verrà consegnato domani alle 20.30 presso la piazza di Occhiobello (RO).


mercoledì 30 marzo 2016

News - Come se fosse Antani...Concilia? O prematura come Ponzio Pilato?

Estratto dal sito Fidal, articolo pubblicato il 30 marzo 2016
"Alla domanda su Alex Schwazer, il presidente federale ha così risposto: "A Schwazer diamo il giusto peso in relazione alle tantissime cose che facciamo ogni giorno come Federazione. Se penso all’attività, mi viene in mente l’aumento dei tesserati: dai 180mila del 2012, ai 211mila del 2015, e con già diecimila adesioni in più nei primi mesi del 2016 rispetto alla stessa data dello scorso anno. Penso agli atleti che si stanno preparando al meglio delle loro forze per Rio, penso ai tanti progetti che portiamo avanti, fra cui questo per la promozione dell'atletica fra i ragazzi. Di Schwazer abbiamo seguito un allenamento sulle strade sulle quali marcia ogni giorno: da quel che mi hanno riferito, è un atleta che sembra aver imboccato la strada giusta per tornare ad essere quello che ha vinto l'oro ai Giochi di Pechino 2008. Sarà poi il tempo a dare il responso, per lui come per tutti gli altri atleti. I malumori di alcuni? In questo momento l'impegno di tutti è volto a preparare al meglio l'Olimpiade. Ognuno può avere sentimenti personali, che però appunto appartengono alla sfera privata. La Federazione in questo non ha alcun ruolo, ne deve averne". 
Non abbiamo capito la risposta. Qualcuno può aiutarci?

martedì 22 marzo 2016

News - L'assoluzione dell acqua calda. Il Tna assolve i primi otto azzurri coinvolti nei whereabouts

Silvia Salis
Lo sappiamo benissimo: non si fa.
Non è educato dire: "l'avevamo detto noi...". Si fa la figura degli sbruffoni, di quelli che vogliono porsi spocchiosamente al di sopra di tutti gli altri. Ci si rende antipatici.
ECCHISSENEFREGA!
Noi, e a dire il vero eravamo in buona anche se non folta compagnia, l'abbiamo detto "fin da quel dì" (per tigna specifichiamo che era il 3 dicembre 2015) che tutta la storia dei whereabouts era una bolla di sapone  e lo abbiamo ribadito il giorno successivo, e ancora in seguito nelle nostre discussioni private e social sull'argomento. E, nei casi migliori, ci siamo sentiti bollare come ingenui. 
In quei giorni molta parte della blasonata stampa nazionale si è affrettata a sigillare la questione con una bella colata di fango, dimostrando di aver capito poco e niente di quello che era accaduto e stava accadendo, in una corsa alla ricerca del consenso facile data dalla voglia di bruciare in piazza le streghe del doping.
In quegli stessi giorni quella stessa stampa blasonata, fatta eccezione per pochissimi esponenti fuori dal coro, si recava in processione a testimoniare il miracolo della redenzione del campione peccatore.
Oggi quelle stesse dita che all'epoca correvano velocissime e taglienti sulle tastiere, sono paralizzate di fronte ad alcuni aspetti dubbi del curriculum del redentore.
Domattina, gli stessi che qualche mese fa tiravano pietre, si mimetizzeranno facendo gli gnorri sull'assoluzione dei primi otto deferiti, oppure sceglieranno di praticare l'unica specialità dell'atletica in cui il Bel Paese vanta centinaia di campioni: il salto sul carro del vincitore. Inutile farsi venire un travaso di bile, è un'italica tradizione che non cambia, resiste al tempo e alle mode. La coerenza qui non ha mai attecchito.
Per parte nostra vogliamo congratularci con chi oggi finalmente esce da una brutta vicissitudine e con chi lo farà domani e dopo. Al tempo stesso vogliamo ribadire quello che scrivemmo quattro mesi fa: tutta la vicenda delle mancate reperibilità è un indice di come certe esigenze professionali vengano gestite all'insegna del dilettantismo più raffazzonato e se gli atleti hanno avuto una colpa in tutto questo è stata quella di fidarsi del metodo "in qualche modo si rimedia" in uso da parte di alcuni e di non alzare un polverone quando si sono resi conto che il meccanismo dei controlli non funzionava affatto. 
Fabrizio Donato
Non osiamo nemmeno sperare che chi ha avuto la responsabilità di tutti questi "malfunzionamenti" si assuma le proprie responsabilità e si faccia da parte, da noi non usa. Nè ci aspettiamo che chi non ha saputo incanalare nei giusti binari una storia che quando è arrivata ai grandi media era già nota da mesi, alzi la mano e si cosparga il capo di cenere. Lo ripetiamo: da noi non usa.
Quando la "bomba" mediatica (ma sarebbe meglio dire il petardo) è scoppiata ha fatto rumore per molto meno di una settimana, ma ha fatto danni che verranno riparati in molto, moltissimo tempo.
Gli otto assolti di oggi (e quelli che lo saranno domani e dopo) vorrebbero che, così come i loro nomi sono stati infangati ieri, venissero riabilitati domani scrivendo a caratteri cubitali "NON C'ENTRANO NULLA COL DOPING". Hanno ragione ma, purtroppo per loro, non crediamo avranno soddisfazione: da noi non usa.
L'unica speranza è che l'impresa di Tamberi, l'arma di distrazione di massa che l'atletica italiana si è ritrovata in mano assolutamente per caso, possa far scendere rapidamente il sipario del dimenticatoio su questa sgradevole storia.

sabato 19 marzo 2016

Pensieri e parole - Quando il silenzio fa rumore

Può un piccolo, piccolissimo, blog sull'atletica leggera dare lezioni di etica del giornalismo (e anche di etica tout court) a chicchessia?
A domanda retorica risposta facilissima: no, certamente no. E, a dire il vero, non ne ha nè l'ambizione nè alcun tipo di interesse.
Ottocorsie è nato un po' per caso, un po' per la voglia di raccontare in modo diverso il mondo dell'atletica e di parlare con chi di questo mondo fa parte.
Uniche regole: Scrivere notizie verificate e non essere offensivi nei confronti di nessuno.
Ma cos'è una notizia? E' un fatto (nei manuali di giornalismo definito "fonte primaria") che viene raccontato da un giornalista ("fonte secondaria" o "mediatore"), che attraverso la sua sensibilità professionale lo identifica come tale.
Quando una fonte può essere definita autorevole? Quando l'esperienza ci dice che quella fonte riferisce fatti veri.
Per esempio: l'Enciclopedia Treccani può essere ritenuta una fonte autorevole? Alzi la mano chi ha il coraggio di metterla in dubbio. E La Gazzetta dello Sport (ovviamente in ambito sportivo)? Anche qui saremmo portati a dire di sì, anche se anche la rosea non va presa a priori come se fosse il Vangelo, questo è certo.
A questo punto per mettere bene a fuoco tutta questa storia proviamo a schematizzare.

Fatto numero 1: il 15 marzo una breaking news di SkyTG24 annuncia le dimissioni di Donati da consulente dell'agenzia antidoping per divergenze con la nuova dirigenza.
Fatto numero 2: il giorno dopo la "Gazza" pubblica due brevi colonne a firma Claudio Arrigoni, in cui viene riportato che il Direttore Esecutivo Oliver Niggli si dichiara sorpreso delle parole del tecnico italiano in quanto non vi è stato alcun cambiamento nel panel di governo della Wada e sostanzialmente sconfessa ogni accostamento fra Donati e l'ente che dirige.
Il tecnico, per parte sua, non entra nel dettaglio delle contestazioni dell'alto dirigente e glissa sulle dichiarazioni che a chiedere il controllo antidoping per Schwazer non sarebbe stato lui ma un funzionario Wada, spendendo parole di stima per l'agenzia.
Fatto numero 3: Il 17 marzo Augusto Frasca, su "Il Tempo" di Roma, ribadisce il concetto espresso da Arrigoni e accenna all'esistenza di una "drastica richiesta alla XIII commissione "Salute e Cultura" della Camera dei Deputati affinchè il nome di Donati non sia collegato in alcun modo all'agenzia".
Fatto numero 4: Un lancio dell'agenzia ANSA delle 18.49 del 18 marzo riporta dichiarazioni più generiche sia da parte di Donati ("Sarò felice e onorato di dare il mio pieno supporto alla Wada...") che di Niggli ("Donati ha certamente contribuito nell'attività di contrasto al doping in numerose occasioni in Italia..."). In queste dichiarazioni, tra le altre cose, scompare ogni traccia riguardante chi sia stato a richiedere l'invio dei controlli al marciatore altoatesino.
Quando l'altro giorno abbiamo pubblicato un articolo, in verità molto ironico,  su questa vicenda ci siamo sentiti rispondere di tutto: da un "filosofo" che è arrivato a dirci che facciamo "ontologicamente schifo" (onestamente ci ha commosso per la creatività), a chi sintetizzava in "lasciamolo lavorare" (questa l'abbiamo già sentita...), a chi diceva (giustamente secondo noi) che dopo la bufala sulla morte di Juri Chechi sospendeva ogni giudizio.
Queste risposte tuttavia non hanno dato soluzione ai quesiti che ci tormentano da tre giorni a questa parte.
Domanda numero 1: Donati era o no un collaboratore della Wada? Aveva un ruolo stabile nell'organigramma o si era limitato a fare degli interventi in particolari occasioni?
Domanda numero 2: Perchè l'articolo sulla Gazzetta non viene smentito? Le accuse più esplicite che implicite che contiene non sono cosa da poco, ma è sempre possibile che "l'interessato", per suoi motivi legittimi non sia interessato a smentire.
Domanda numero 3: Perchè, stando a ciò che scrive Frasca, la Wada avrebbe fatto questa richiesta alla commissione della Camera dei Deputati?
Domanda numero 4: Perchè ANSA fa il suo primo lancio sulla vicenda dimissioni soltanto tre giorni dopo la breaking news di Sky? Sono nuove dichiarazioni rispetto a quelle riportate sulla Gazzetta?
Domanda numero 5: Se quanto riportato negli articoli di Arrigoni e Frasca fosse confemato, come è stato possibile che nessuno si sia accorto di niente per così tanto tempo? 
Domanda numero 6: La collaborazione Donati/Schwazer ha suscitato un interesse smisurato da parte della stampa, ultimo esempio è stato il test di efficienza di Saxa Rubra fatto oggetto di un servizio del TG3. Come mai in questo momento i media nazionali su una vicenda che sarebbe molto più "notiziabile", se dovesse essere vera, non sprecano una riga di inchiostro? Perchè da tre giorni a questa parte alcuni  dei più importanti blog italiani di atletica, che della collaborazione fra il romano e l'altoatesino hanno sempre trattato ampiamente, hanno messo la sordina? Troppo impegnati a valutare le doti del figlio di Rocco Siffredi?
E' soprattutto quest'ultima la domanda per la quale vorremmo trovare una risposta.
Per molti, a nostro modestissimo avviso per troppi, la divisione manichea in  due gruppi di ultras contrapposti che si urlano insulti dalle curve, è la ricetta giusta per raggiungere il successo.

Elargire sui social l'appellativo di "idiota", magari con il "blocco maiuscole" attivato, a chi non è d'accordo con noi non è il nostro genere, piuttosto ci piacerebbe capire perchè su tutta questa vicenda sia sceso un silenzio tombale. Non esistono più giornalisti investigativi? Va bene, ma quei bei blogger barricaderi sempre a caccia di scoop e sempre pronti a ricoprire di ironica melma chi era in disaccordo? Dove sono finiti?

Ragazzi!!! Abbiamo bisogno di voi. Battete un colpo. 
E risparmiatevi gli insulti. Non potrete mai e poi mai dire qualcosa di meglio di "Fai ontologicamente schifo".
P.S.: Su indicazione di un amico vi indico anche una fonte secondaria, sicuramente autorevole, che lascerà la bocca amara a molti. Leggete tutto, fino in fondo.
Ma si sa, la verità è una medicina cattiva che non tutti sono disposti a ingoiare.

giovedì 17 marzo 2016

Pensieri e parole - Person of Interest

E' come nelle serie televisive. Quelle con una trama strutturata e avvincente tipo "Lost" o "Person of Interest", quelle a metà strada fra il thriller e la fantascienza.
La sera in cui viene trasmesso l'episodio niente calcetto con gli amici, niente "cinemino" con la fidanzata, meno che mai una stramaledettissima riunione di condominio. Quella sera non si esce e si spegne il telefono. Niente distrazioni, non puoi permetterti di perdere nemmeno una puntata o rischi di non capire più nulla di quello che succederà poi. 
Lo giuriamo, non abbiamo ceduto alle lusinghe pedatorie nè abbiamo scelto la via del quieto vivere con la nostra dolce metà. Il senso del dovere ci ha portato a seguire con viva attenzione ed empatica compartecipazione ogni passo dell'avventura Schwazer/Donati. Ogni illuminata dichiarazione del tecnico, ogni presenza televisiva in cui l'atleta raccontava la sua rinascita, il suo percorso salvifico dagli abissi dell'errore al pieno recupero sportivo, attraverso la presa di coscienza, l'espiazione e la denuncia di chi lo aveva indotto in tentazione.
I maligni di cui è pieno ogni angolo del mondo, certamente non noi, potrebbero dire che, data la massiccia esposizione mediatica di quella che da alcuni sprezzanti commentatori è stata definita la strana coppia, sarebbe risultato piuttosto difficile perdersi una dichiarazione dell'altoatesino o una rivelazione del paladino dell'antidoping. Ma quelli che dicono questo sono persone cattive, che non meritano alcuna considerazione e certamente non sono i loro malmostosi giudizi a turbarci. 
No, quello che veramente non ci da pace è ciò che abbiamo letto questa mattina sulla Gazzetta dello Sport. Ieri sera eravamo rimasti ammutoliti alla notizia che dopo anni e anni di eroico servizio, lasciatecelo dire, Sandro Donati aveva deciso di abbandonare l'agenzia mondiale antidoping, proprio poche ore dopo il test di Saxa Rubra in cui era sostanzialmente riuscito a dimostrare di aver riportato sulla retta via la pecorella smarrita.
Un duro colpo da incassare. Avevamo pensato di esserci addormentati inconsciamente prima della fine di una puntata oppure a un "buco di sceneggiatura", a volte capita anche ai migliori scrittori di lasciare qualcosa di incompiuto. Eravamo andati a dormire un po' scossi, ma questa mattina ci eravamo risvegliati fiduciosi di riuscire a riprendere le fila della storia al successivo appuntamento. Illusi! 
Quando durante il rito mattutino del caffè ci siamo soffermati a sfogliare la "rosea" sul frigo dei gelati, due colonne di trafiletto hanno definitivamente rovinato la nostra giornata: "Donati 'Lontano dalla Wada'. La replica: 'Non è consulente'." Da quel momento un profondo senso di inquietudine non ci ha più abbandonato per tutta la giornata e ora che si avvicina il momento di tornare a posare la testa sul cuscino si fa ancora più opprimente.
"Non è possibile - ci siamo detti - sono anni che in tutti gli articoli in cui si parla di lui viene qualificato di volta in volta come consulente, collaboratore o esperto della WADA. Ogni intervista, ogni servizio televisivo ricordava quale fosse il suo ruolo a fianco dell'ente mondiale che si occupa di combattere quei "campioni senza valore" contro i quali il nostro si batte da sempre. Non è giusto che un uomo che ha dato così tanto alla cauisa della lotta al doping venga scaricato in questo modo da un passacarte qualunque, tal Oliver Niggli che viene qualificato come Direttore Esecutivo dell'Agenzia.
E che oltraggio leggere che sarebbe stato un illustre sconosciuto funzionario che risponde al nome di Pierre Edoard Sottas a richiedere i controlli per l'altoatesino. Abbiamo visto tutti l'intervista a Rai Sport in cui Donati si assumeva la meditata e dolorosa responsabilità di aver segnalato Schwazer in quanto possibile assuntore di sostanze. E Donati è uomo che merita fiducia e rispetto.
Così come meritano fiducia e rispetto tutti i giornalisti e gli organizzatori di conferenze che del titolo di collaboratore WADA lo hanno fregiato nel corso degli anni e che, ne siamo più che certi, hanno verificato il suo curriculum con certosina attenzione. 
E poi come sarebbe potuto essere possibile che il tecnico italiano millantasse per anni una qualifica che non gli apparteneva senza che nessun dirigente dell'organismo mondiale si accorgesse di niente?
No, tutto questo non è possibile. Dobbiamo esserci persi una puntata senza rendercene conto.
Oppure la nostra lettura di questa mattina è stata soltanto un brutto sogno, uno di quelli difficili da distinguere dalla realtà. Anche perchè, nonostante tutte le nostre ricerche, sulla rete non si trova alcun accenno a questa ingarbugliata vicenda. 
Deve essere proprio così, non c'è altra spiegazione possibile. Ma continueremo a cercarne una credibile.



sabato 12 marzo 2016

News - Addio a Iolanda Balas, la leggenda del salto in alto

Ieri Iolanda Balas ha staccato l'ombra da terra per l'ultima volta.
Quando scendeva in pedana Iolanda non passava inosservata. Bionda, altissima anche per gli standard odierni (questa voce sulla sua carta d'identità recitava 1.85m), aveva due gambe da trampoliere, occhi azzurrissimi e un sorriso luminoso. 
La leggendaria saltatrice in alto rumena era nata il 12 dicembre del 1936 a Timisoara, una città industriale nella parte occidentale del paese e cominciò a scrivere la storia della specialità a colpi di record mondiale quando non aveva nemmeno vent'anni. 
La sua prima "sforbiciata" sul tetto del mondo fu a Bucarest, il 14 luglio del 1956, quando a 1.75m superò di un centimetro la britannica Thelma Hopkins
A quel primo straordinario risultato seguì un periodo di grande agonismo in cui la rumena si contese il primato con la statunitense McDaniel e la cinese Cheng, interregno che si concluse definitivamente quando nel giugno del '58 la Balas portò il record a 1.78m. Da quel momento il volo di Iolanda non si fermò più. Miglioramenti a più riprese fino a 1.83 a ottobre dello stesso anno, un centimetro in più nel 1959. Nell'anno dei Giochi di Roma Iolanda portò il modiale a 1.86 m e nel 1961, per la precisione il 16 luglio nella capitale del suo paese, portò la quota mondiale a 1.91m. Per  salire ancora si dovettero aspettare dieci anni prima che l'austriaca Gusenbauer la cancellasse dall'albo dei record per un centimetro.
La superiorità della Balas rispetto alle avversarie si può capire appieno solo snocciolando qualche numero: quattordici record mondiali, due ori olimpici (Roma e Tokio), due titoli europei (Stoccolma '58 e Belgrado '62), 140 vittorie consecutive. Quando ai Giochi del 1960 divenne la prima atleta del suo paese a mettere al collo un oro a cinque cerchi lasciò quattordici centimetri più in basso la seconda, quattro anni dopo il divario fu di dieci.
L'unica occasione in cui perse il sorriso fu nel 1967, al momento del suo ritiro circondato dalle polemiche per una vicenda, per forza di cose, mai chiarita fino in fondo. 
La Balas, sposata con il suo allenatore Ian Soter, dichiarò di aver subito un grave infortunio al tendine d'Achille, i suoi detrattori l'accusarono di volersi sottrarre ai controlli cromosomici per la verifica della sessualità che erano appena stati approvati dal Cio.
Dopo il suo ritiro restò nell'ambiente dell'atletica come giudice di gara e dirigente della federazione rumena, ambito in cui ebbe una lunghissima carriera che la portò fino alla presidenza che mantenne dal 1988 fino al 2005 e nel 2012 fu, insieme a Stefka Kostadinova, una delle prime atlete ammesse nella Hall of Fame della Iaaf.

mercoledì 9 marzo 2016

News - Doping World. A chi fa male il doping? Alysia Montano: "Fuori Gay e Gatlin dalla nazionale Usa"

Alysia Montano
A chi fa male il doping?
A chi ne fa uso, questo è certo. Fa male allo sport in generale, perché viene a mancare la lealtà reciproca, il pilastro fondamentale su cui si basa la competizione. Fa male anche a chi lo sport si limita a guardarlo, perché viene privato della possibilità di emozionarsi fino in fondo per lo spettacolo a cui assiste. 
Soprattutto fa male a tutti quegli atleti puliti che si vedono superare da chi non rispetta le regole. Forse è per questo che Alysia Montano, ottocentista americana quinta ai Giochi di Londra, non ha avuto peli sulla lingua nel rispondere alle domande dei giornalisti durante la conferenza stampa della squadra Usa lunedì scorso a Los Angeles. 
"Credo sia necessario un approccio a tolleranza zero nei confronti di chi ha imbrogliato in passato e che chi è stato pescato positivo debba essere estromesso dalla nazionale. Compresi Justin Gatlin e Tyson Gay."

La mezzofondista a stelle e strisce, nota per il suo vezzo di indossare un fiore fra i capelli durante le gare, é forse una delle atlete più danneggiate dalle pratiche emerse dal "Russiagate" (sono ben quattro i casi sotto esame da parte degli organismi internazionali giudicanti che la vedono coinvolta come vittima) e davanti ai reporter americani non ha usato giri di parole per esprimere la sua indignazione.

"Tutti hanno una buona scusa - ha dichiarato la Montano - Io sono convinta che ognuno sia responsabile al 100% di quello che mette nel suo corpo. Non puoi dire che ti hanno fatto un massaggio con delle sostanze o che non sapevi che quei farmaci che assumevi fossero proibiti. Questi personaggi vogliono giocare la carta dell'ingenuità, ma siamo tutti un po' troppo grandicelli.
Non mi interessa se queste sono parole forti. Sono vere." 
Gatlin (di cui ci siamo già occupati qui) è incappato per ben due volte nelle maglie dell'antidoping ed è riuscito ad uscirne grazie a una lunga battaglia legale combattuta su alcuni cavilli.
Gay, squalificato nel 2013, è tornato a gareggiare lo scorso anno raggiungendo la finale dei Mondiali di Pechino. 
"Sono un atleta americana - ha continuato la Montano - e conosco il nostro motto: 'Sostieni i tuoi compagni di squadra'. Ma i miei compagni sono atleti puliti." 

Sinceramente non sappiamo se gli americani abbiano un modo di dire corrispondente al nostro "cane non mangia cane". Se esiste, evidentemente, la Montano ha scelto di ignorarlo, ma che fosse una donna con una tempra fuori dal comune lo sappiamo da quando la vedemmo correre un 800 in 2.32 incinta di otto mesi...

Per ironia della sorte mentre leggevamo su alcuni siti d'oltreoceano le dichiarazioni che vi abbiamo appena riportato, sul sito Fidal usciva l'asettico comunicato che vedete qui a fianco.
Niente da dire. Niente da recriminare. Tutto secondo le regole.
Aspettiamo di sapere se ci sia qualche azzurro che ogni tanto sceglie di ignorare i proverbi dell'italica tradizione.

martedì 8 marzo 2016

"On your marks - Ancona Indoor. Gli Assoluti dei giovani

Marta Zenoni
Sono stati degli Assoluti di Tamberi, questo è certo.
Ma sono stati anche i campionati di Marta Zenoni, capace a soli 16 anni di mettere in fila tutte le sorelle più grandi, sia sugli 800 che sui 1500 metri.
Sono stati in generale i Tricolori dei tanti giovani interessanti che ad Ancona si sono messi in mostra e che fanno sperare in un futuro migliore per l'atletica italiana.
E per quanto riguarda l'Emilia Romagna? Fra le nove medaglie del bottino portato a casa dai nostri spiccano certamente i due ori parmigiani. Gli 800 di Gabriele Bizzotto (Cus Parma) sono frutto di una gestione tattica perfetta. Il cussino ha aperto il gas al suono della campana e ha mantenuto la testa fino alla fine con una sicurezza che ha sorpreso soltanto chi negli ultimi anni che negli ultimi tempi si era distratto ... Il tempo (1.51.14) non è di quelli che lasciano il segno, ma ieri contava solo vincere e il parmigiano sembra proprio esserci tagliato.
Che Ayomide Folorunso abbia lo stesso talento "sartoriale" è cosa nota. La Fidentina ha corso "in folle" il turno eliminatorio per conservarsi per la gara per le medaglie. Scelta saggia. In finale soltanto Chiara Bazzoni (Esercito) è riuscita a resisterle per tre quarti di gara, ma quando la fidentina ha cambiato passo è stato subito evidente che non ce ne sarebbe stato per nessuno. Alla fine il cronometro si è fermato su 53. 16, Ottavo tempo assoluto all time e secondo Under 23. Unico neo: manca un solo centesimo al minimo per i Mondiali di Portland. Non tutte le ciambelle ecc.
Davide Piccolo
Matteo Galvan (Fiamme Gialle) ha distribuito allo stesso modo sui due giorni l'energia e ha dominato
il doppio giro al maschile in 47 29. A fargli compagnia sul podio sono stati Lambrughi (Riccardi, 47. 78) e il virtussino Davide Piccolo che nel capoluogo marchigiano ha portato a 48. 19 il suo pb che risaliva a 4 anni fa. Per non perdere l'abitudine al podio poi Piccolo ci è tornato insieme ai compagni Pedrelli, Pettorossi, e Gianantoni per mettersi al collo l'argento della 4X1 giro vinta dal quartetto della Riccardi Milano. Bronzo bolognese, sponda Cus, anche nella marcia con Alessia Zapparoli che ha chiuso con il nuovo personale di 13:40.39.
Nella casella argento del medagliere emiliano-romagnolo figura il numero 3. Il finanziere reggiano Bouih ha dovuto cedere il titolo a Crippa (Fiamme Oro) per soli 20 centesimi al termine di una gara condotta in tandem.
Giorgia Benecchi (Cus Parma) non superava da due anni la quota di 430 che ieri l'ha portato sul secondo gradino del podio alle spalle di Sonia  Malavisi (Fiamme Gialle) che si è fermata cinque centimetri più in alto.
Sidney Giampietro
(Foto Roberto Click Passerini)
Il 16 e 60 della riminese Julaika Nicoletti la pone a metà strada tra l'eterna Chiara Rosa Famme Azzurre), ieri vincitrice con 17.55,  e quella Sydney Giampietro (Pro Patria, 15 75) che
è la speranza azzurra per il futuro.
Se Zaynab Dosso avesse vinto il titolo dei 60 piani sarebbe stata una sorpresa? Fino a un certo punto. In finale si è fermata a 7.48 e ha dovuto lasciare il podio alle più esperte Draisci (Esercito), Alloh (Fiamme Azzurre) e Siragusa (Esercito), ma ad Ancona una cosa è stata chiara: il futuro è suo.
La sorpresa invece l'ha fatta Chiara Casolari con la sua medaglia di bronzo sui 1500 metri. La mezzofondista made in Pavullo non era certo una delle favorite  per il podio della vigilia, ma ha interpretato al meglio dal punto di vista strategico una gara dov'è il ritmo indiavolato della Zenoni lasciava spazio solo per il secondo posto e lo ha fatto chiedendo in 4.30. 85, vicinissima al personale.



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lunedì 7 marzo 2016

Pensieri e Parole - Grazie Gimbo

Un palazzetto dello sport stracolmo e tutto il pubblico con il fiato sospeso in attesa dell'evento.
Non è uno spettacolo mai visto prima la differenza questa volta è che quel pubblico che ieri batteva le mani a tempo non stava aspettando di vedere se il tiro libero decisivo sarebbe finito nel canestro o se il servizio dell'uomo in battuta avrebbe colpito l'incrocio delle righe. 
Quel pubblico assiepato sulle tribune del palaindoor di Ancona, ieri si chiedeva in silenzio se al termine della sua parabola Gianmarco Tamberi avrebbe lasciato sui ritti l'asticella o meno. 
Lo ha fatto e rifatto, esplodendo ogni volta in un urlo di gioia o di disappunto. Fino all'ultimo.
Quello che abbiamo visto ieri ad Ancona è stato il migliore degli spot pubblicitari possibili per l'atletica leggera, talmente appassionante che ha fatto scivolare in sottofondo anche alcuni irritanti commenti "tecnici" (...sigh!). 
Perciò che l'halfshave vi entusiasmi o meno (personalmente non lo apprezziamo eccessivamente, NdA), giù il cappello e: "Grazie, Gimbo!"
Beato quello sport che non ha bisogno di eroi, noi per tornare a volare in alto (in tutti i sensi) abbiamo bisogno di Giammarco, di Alessia, di Marco, di Silvano e di tutti gli altri giovani che stanno intorno a loro.



Il secondo tentativo di Tamberi a 2.40
Mancato di un...gomito

Il video è di Only Athletics